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La riforma dell’azione di restituzione: l’azione di riduzione del bene donato non è più opponibile ai terzi

  • 28/11/2025

1. Premessa

Il legislatore con l’art. 44 del Disegno di Legge “Semplificazioni”, approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 26 novembre 2025, ha modificato la disciplina dell’azione di restituzione con la finalità, dichiarata dalla legge, di agevolare la circolazione giuridica di beni e diritti provenienti da donazione e acquistati da terzi e di facilitare l’accesso al credito concedendo in garanzia beni provenienti da donazione.

Il legislatore ha agevolato notevolmente non solo la circolazione dei beni provenienti da donazione ma anche dei beni provenienti da successione mortis causa. Ha esteso la nuova disciplina dell’azione di riduzione dei beni donati non solo ai beni immobili, ma anche ai beni mobili iscritti in pubblici registri e ai beni mobili non iscritti in pubblici registri.

 

2. L’azione di restituzione contro l’erede o il legatario e i loro aventi causa

L’azione del legittimario che ottenga la riduzione di una disposizione testamentaria, a titolo di erede o di legato, lesiva della quota di legittima, anche dopo la riforma, continua ad essere opponibile ai terzi. Infatti «Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell’art. 2652» (art. 561, comma 1, primo periodo, novellato).

La norma fa riferimento esclusivamente al legatario ma va coordinata con l’articolo richiamato (art. 2652, n. 8), modificato dalla riforma come sotto precisato, che prescrive la trascrizione delle domande di riduzione delle disposizioni testamentarie per lesione di legittima e specifica che l’azione di riduzione [recte restituzione] è sempre opponibile agli acquirenti di diritti a titolo oneroso dall’erede o dal legatario per tre anni dall’apertura della successione, mentre dopo i tre anni opera il principio della priorità della trascrizione della domanda di riduzione o dell’acquisto del terzo avente causa.

Quindi, dopo tre anni dall’apertura della successione, il terzo avente causa a titolo oneroso dall’erede o dal legatario – sia che si tratti dell’acquisto di un bene ereditario sia che si tratti dell’acquisto di un diritto di godimento o di garanzia dall’erede o dal legatario – fa salvo il proprio acquisto se lo stesso è stato trascritto o iscritto prima della trascrizione della domanda di riduzione.

La novella modifica l’art. 2652, comma 1, n. 8, c.c.[1] e riduce da dieci a tre anni il termine a disposizione del legittimario per trascrivere la domanda di riduzione e mantenere la sua opponibilità ai terzi aventi causa dall’erede o dal legatario. Inoltre, specifica che la disciplina si applica anche nel conflitto tra legittimario che agisce in riduzione ed i terzi che hanno acquistato diritti dall’erede o dal legatario[2].

Ne deriva che la nuova disciplina agevola anche la circolazione degli immobili provenienti da successione mortis causa riducendo il termine di opponibilità dell’azione di riduzione ai terzi da dieci a tre anni, in analogia quanto già previsto per i beni mobili iscritti in pubblici registri dall’art. 2690, comma 1, n. 5), c.c.

3. L’azione di restituzione contro il donatario e la sorte di pesi e ipoteche

Una delle principali novità apportate dal legislatore riguarda l’azione di restituzione del legittimario contro il donatario: il legittimario vittorioso in riduzione ottiene la restituzione del bene donato dal donatario ma gravato dai pesi e dalle ipoteche costituiti dal donatario. Per pesi si intendono i diritti reali o personali di godimento costituiti dal donatario, vincoli di natura urbanistica (convenzioni edilizie, atti d’obbligo), vincoli di indisponibilità (sequestri, pignoramenti)[3].

In considerazione del minor valore del bene donato che viene restituito dal donatario al legittimario, il donatario è obbligato a compensare in denaro il legittimario, nei limiti in cui è necessario per integrare la quota di legittima[4].

La norma conferma che il legittimario ha diritto ad un valore, calcolato sull’asse ereditario con il procedimento di cui all’art. 556 c.c., e che in presenza di pesi che riducono il valore del bene restituito dal donatario, il valore della legittima sarà assicurato, in parte, dal valore dell’immobile restituito, e, per la differenza, dal “conguaglio in denaro” corrisposto dal donatario.

Si tratta di un obbligo risarcitorio ex lege, da adempiere in denaro, gravante sul donatario e a favore del legittimario, che presenta analogie con l’onere del terzo acquirente del bene di liberarsi dall’obbligazione di restituire in natura la cosa donata pagando l’equivalente in denaro (art. 563, comma 3, c.c.)[5].

Più problematica è la valutazione del conguaglio in denaro dovuto dal donatario nell’ipotesi di immobile ipotecato, in considerazione della circostanza che l’ipoteca è un diritto di garanzia e che il valore del debito garantito dall’ipoteca è variabile nel tempo. Il legittimario che ha ricevuto la restituzione del bene ipotecato si trova in posizione analoga al terzo acquirente di beni ipotecati, non obbligato personalmente, e può avvalersi delle facoltà prescritte dall’art. 2858 c.c.

Non sarà sempre agevole stabilire il minor valore del bene restituito al legittimario a causa di un diritto reale o di un vincolo o di una garanzia da cui lo stesso è gravato; si tratta, comunque, di una valutazione di natura squisitamente economica che sarà effettuata tramite perizie di stima.

La stessa disciplina è estesa dall’art. 561, comma 1, terzo periodo novellato alla donazione di beni mobili iscritti in pubblici registri[6].

La disciplina, inoltre, è estesa, mutatis mutandis, anche alla donazione di beni mobili non iscritti in pubblici registri, con la distinzione chei pesi e le garanzie (non le ipoteche) di cui il donatario ha gravato il bene restano efficaci ma il donatario è obbligato a compensare il legittimario vittorioso in riduzione in ragione del conseguente minor valore del bene, nei limiti in cui è necessario per integrare la quota di riserva (art. 561, comma 1, quarto periodo novellato). Prima della novella, l’azione di restituzione era opponibile anche contro i terzi acquirenti di beni mobili, salvi gli effetti del possesso di buona fede (art. 563, comma 2, secondo periodo).

4. La restituzione non opera contro gli aventi causa dal donatario

La nuova disciplina mette al riparo dall’azione di restituzione non solo i creditori ereditari e gli acquirenti di diritti di godimento o di garanzia ma anche gli acquirenti del bene donato.

Stabilisce, infatti, il nuovo art. 563 – completamente riscritto dalla novella normativa (a partire dalla rubrica: Effetti della riduzione della donazione) – che «La riduzione della donazione, salvo il disposto del numero uno del primo comma dell’art. 2652, non pregiudica i terzi ai quali il donatario ha alienato gli immobili donati, fermo l’obbligo del donatario medesimo di compensare in denaro i legittimari nei limiti in cui è necessario per integrare la quota ad essi riservata». Con la nuova disciplina viene meno la garanzia ex lege del bene donato per la soddisfazione della quota di legittima; il legittimario può ottenere dal donatario, mediante una “compensazione in denaro”, il valore necessario ad integrare la sua quota di legittima.

La soluzione è pienamente conforme alla ricostruzione sistematica dell’istituto che vedeva nel donatario l’unico obbligato alla soddisfazione del legittimario preterito o leso, obbligazione di cui lo stesso rispondeva con tutti i suoi beni presenti e futuri, mentre il bene donato fungeva solamente da garanzia della soddisfazione dell’obbligazione del donatario, garanzia che operava solamente dopo l’escussione dei beni del donatario.

In caso di insolvenza anche parziale del donatario, l’avente a causa a titolo gratuito dal donatario è obbligato a compensare in denaro il legittimario, nei limiti del vantaggio da lui conseguito.

Con la novella normativa, l’azione di riduzione non può più pregiudicare il successivo acquirente dell’immobile dal donatario, a titolo oneroso o a titolo gratuito, con la distinzione che l’acquirente a titolo oneroso non è tenuto ad alcuna garanzia ex lege nei confronti del legittimario mentre l’acquirente a titolo gratuito dal donatario è obbligato, in caso di insolvenza del donatario, a compensare in denaro il legittimario, per integrare la sua quota di legittima, nei limiti del vantaggio da lui conseguito.

La nuova disciplina di salvaguardia dell’acquisto del terzo avente causa dal donatario fa salvo il disposto dell’art. 2652, comma 1, n. 1, c.c.[7], con la conseguenza che l’azione di riduzione è opponibile a coloro che acquistano diritti dal donatario con atto trascritto o iscritto dopo la trascrizione della domanda di riduzione.

Si tratta, però, di situazioni marginali poiché, una volta aperta la successione, è possibile ricostruire l’asse ereditario con l’operazione di riunione fittizia del donatum al relictum; valutare l’asse ereditario al tempo dell’aperta successione; individuare chi sono i legittimari e stabilire a quanto ammonta la quota di legittima; inoltre, dopo l’apertura della successione, è possibile la rinuncia dei legittimari all’azione di riduzione, preclusa, invece, prima dell’apertura della successione in forza del divieto di patti successori (artt. 458 e 557 c.c.) che costituisce un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico.

La nuova disciplina di tutela degli aventi causa dal donatario si applica anche alla donazione di beni mobili, con la precisazione che l’art. 563, comma 1, terzo periodo novellato rinvia alla disposizione dell’art. 2690, comma 1, n. 1)[8] che prescrive la trascrizione, tra le altre, della domanda di riduzione riferita a beni mobili iscritti nei pubblici registri navale e automobilistico.

Dal rinvio normativo deriva che la nuova disciplina, che fa salvo l’acquisto dal donatario, non si applica agli acquisti di diritti trascritti o iscritti dopo la trascrizione della domanda di riduzione. In altri termini, una volta trascritta la domanda di riduzione, la stessa è opponibile a chi acquista diritti dal donatario con atto trascritto o iscritto dopo la trascrizione della domanda di riduzione.

5. L’insolvenza del donatario

La nuova disciplina dell’azione di riduzione, escludendo la garanzia ex lege del bene donato per la soddisfazione della quota di legittima e facendo salvi i pesi e le ipoteche costituiti dal donatario sul bene donato, rende più probabile il rischio di insolvenza del donatario soggetto a riduzione, già disciplinato dall’art. 562 e modificato dalla novella. Nei casi in cui il donatario debba “compensare in denaro” il legittimario e risulti in tutto o in parte insolvente «il valore della donazione che non si può recuperare dal donatario si detrae dalla massa ereditaria, ma restano impregiudicate le ragioni di credito del legittimario e dei donatari antecedenti contro il donatario insolvente».

Nell’ipotesi in cui il legittimario non possa trovare soddisfazione a causa dell’insolvenza del donatario, non si tiene conto del valore donato nella determinazione dell’asse ereditario, con la conseguenza che si riduce il valore della quota di legittima, e il sacrificio patrimoniale, derivante dall’insolvenza del donatario, è ripartito tra il legittimario ed il donatario anteriore[9].

Infatti, il legislatore, da una parte, dichiara di non doversi tener conto del valore donato nella determinazione dell’asse ereditario e, dall’altra, per l’ipotesi in cui il donatario ritorni solvibile, attribuisce al legittimario insoddisfatto e al donatario anteriore, la cui donazione è stata ridotta a causa dell’insolvenza dell’ultimo donatario, l’azione contro il donatario insolvente. Quindi, in caso di insolvenza del donatario, si deroga al principio per cui le donazioni si riducono cominciando dall’ultima o risalendo via via alle anteriori (art. 559 c.c.), potendo ridursi una donazione che gravava sulla quota disponibile[10].

6. La disciplina transitoria

La novella normativa contiene anche una disciplina transitoria[11] e stabilisce che la nuova disciplina dell’azione di riduzione si applica “alle successioni aperte dopo la data di entrata in vigore della presente leggee che la disciplina precedente continua ad applicarsi alle successioni aperte in data anteriore –  con la conseguenza che può essere proposta azione di restituzione degli immobili anche nei confronti degli aventi causa dai donatari – alle seguenti condizioni:

  1. se è stata notificata e trascritta domanda di riduzione, prima della data di entrata in vigore della nuova normativa;
  2. se viene notificata e trascritta domanda di riduzione entro sei mesi dall’entrata in vigore della nuova normativa;
  3. se viene notificato e trascritto nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione entro sei mesi dall’entrata in vigore della nuova normativa.

In mancanza di notificazione e trascrizione della domanda di riduzione o dell’atto di opposizione entro sei mesi dall’entrata in vigore della nuova normativa, la nuova disciplina dell’azione di riduzione si applica anche “alle successioni aperte in data anteriore a quella di entrata in vigore della presente legge, decorsi sei mesi dalla sua entrata in vigore”.

Si può affermare che il legislatore, con la disciplina transitoria, ha reso omogenea la disciplina dell’azione di riduzione anche per le successioni apertesi prima dell’entrata in vigore della novella legislativa, di fatto riducendo da dieci anni a sei mesi il termine concesso al legittimario per esercitare e trascrivere l’azione di riduzione. Probabilmente per non danneggiare il legittimario che intende agire in riduzione, considerato il breve lasso di tempo a sua disposizione per notificare e trascrivere l’azione di riduzione, che potrebbe non essere sufficiente in situazioni di patrimoni complessi e di difficile ricostruzione, il legislatore ha equiparato, ai fini del mantenimento della disciplina previgente, all’esercizio dell’azione di riduzione l’atto stragiudiziale di opposizione alla donazione che, nella disciplina previgente, andava esercitato necessariamente prima dell’apertura della successione, al fine di conservare l’opponibilità ai terzi dell’azione di riduzione anche trascorsi vent’anni dalla trascrizione della donazione, mentre una volta aperta la successione il legittimario aveva l’onere di esercitare e trascrivere la domanda di riduzione entro dieci anni dall’apertura della successione[12].

7. Conclusione

Il legislatore ha finalmente completato la riforma dell’azione di riduzione intrapresa con il d.l. 14 marzo 2005, n. 35 convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. Quella riforma era stata considerata dalla maggioranza della dottrina troppo timida perché l’inopponibilità della riduzione agli aventi causa dal donatario era stata rinviata al termine di vent’anni dalla trascrizione della donazione. E non aveva, quindi, eliminato il problema della successiva circolazione dell’immobile di provenienza donativa né le difficoltà a ottenere un mutuo bancario garantito dall’immobile di provenienza donativa.

In realtà, attenta dottrina aveva colto dalla riforma del 2005 una modifica sistematica di grande importanza: l’avere sganciato per legge l’azione di restituzione dall’azione di riduzione, poiché, trascorsi vent’anni dalla trascrizione della donazione, senza che il potenziale legittimario avesse notificato e trascritto un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione, il legittimario poteva esercitare l’azione di riduzione della donazione contro il donatario, ma l’azione non produceva effetti nei confronti degli aventi causa dal donatario (acquirenti di diritti personali o reali di godimento, di diritti di garanzia, acquirenti dell’immobile donato).

In altri termini, trascorsi vent’anni dalla trascrizione della donazione, era consentita al legittimario l’azione di riduzione ma non l’azione di restituzione contro terzi aventi causa dal donatario. Inoltre, la riforma introduceva una sorta di “disponibilità” del termine ventennale attribuendo al potenziale legittimario la facoltà di rinunciare a proporre opposizione alla donazione, accettando, in tal modo, la perdita dell’opponibilità ai terzi dell’azione di riduzione trascorsi vent’anni dalla trascrizione della donazione.

Queste importanti modifiche sistematiche sono state la base della tesi che ammetteva, dopo la riforma del 2005, la rinuncia del potenziale legittimario, vivente il donante, all’azione di restituzione contro l’immobile donato, fermo restando la facoltà di agire in riduzione contro il donatario[13].

Con il disegno di legge semplificazioni il legislatore ha portato a termine la riforma dell’azione di riduzione, con conseguente mantenimento dei pesi e delle ipoteche costituiti dal donatario ed escludendo la funzione di garanzia dell’immobile donato e, quindi, l’opponibilità della riduzione agli aventi causa dal donatario.

Seguendo la nota tripartizione dell’azione di riduzione, elaborata dalla migliore dottrina[14], in:

  1. azione di riduzione contro il donatario, che ha efficacia di accertamento della lesione di legittima, determinando la quota spettante al legittimario, sulla base delle norme della successione necessaria (artt. 536-548 c.c.), e sancisce l’inefficacia relativa della disposizione lesiva nei confronti del legittimario vittorioso in riduzione;
  2. azione di restituzione contro il beneficiario della disposizione lesiva finalizzata a recuperare il bene libero da pesi e ipoteche;
  3. azione di restituzione contro gli aventi causa dal donatario, che ha natura reale in quanto non viene esperita contro soggetti predeterminati ma persegue il bene nei confronti di ogni subacquirente, si può affermare che il legislatore della riforma ha escluso la liberazione del bene donato da pesi e ipoteche costituiti dal donatario ed ha escluso l’azione di restituzione contro gli aventi causa dal donatario.

Il legittimario potrà agire in riduzione nei confronti del donatario, che risponderà dell’obbligazione, avente ad oggetto la soddisfazione della quota di legittima spettante al legittimario preterito o leso, con tutti i suoi beni presenti e futuri; in caso di insolvenza del donatario, l’avente causa a titolo gratuito dal donatario è tenuto a compensare in denaro i legittimari nei limiti del vantaggio da lui conseguito; qualora non operi nemmeno la garanzia dell’avente causa a titolo gratuito dal donatario, non si tiene conto del valore donato nella determinazione dell’asse ereditario, con la conseguenza che si riduce il valore della quota di tutti i legittimari e il sacrificio patrimoniale, corrispondente alla riduzione della quota di legittima, è ripartito tra tutti i legittimari.

Inoltre, non tenendosi conto del valore del bene donato, per la integrare la quota del legittimario, diviene riducibile la donazione anteriore, sulla base del principio per cui le donazioni si riducono cominciando dall’ultima o risalendo via via alle anteriori (art. 559 c.c.).

La riforma adegua la disciplina normativa della quota di legittima alle esigenze della società, caratterizzate da una circolazione degli immobili molto più frequente che in passato e ad un ampio ricorso al credito bancario. Inoltre, prende atto che sono stati rarissimi in casi in cui il legittimario ha esercitato l’azione di restituzione contro l’avente causa dal donatario in quanto, nella normalità dei casi, il legittimario viene soddisfatto con un accordo di reintegrazione di legittima.

Va considerato, ancora, che spesso l’arricchimento del donatario deriva non da una donazione ex art. 769 c.c. ma da liberalità indirette non donative, realizzate con uno strumento diverso dalla donazione tipica, «alle quali non si può applicare il principio della quota di legittima in natura, connaturale invece all’azione nell’ipotesi di donazione ordinaria d’immobile (art. 560 c.c.); con la conseguenza che l’acquisizione riguarda il controvalore, mediante il metodo dell’imputazione, come nella collazione (art. 724 c.c.). La riduzione delle donazioni indirette non mette, infatti, in discussione la titolarità dei beni donati, né incide sul piano della circolazione dei beni.

Viene quindi a mancare il meccanismo di recupero reale della titolarità del bene; e il valore dell’investimento finanziato con la donazione indiretta, dev’essere ottenuto dal legittimario sacrificato con le modalità tipiche del diritto di credito»[15]. Ora il legislatore ha esteso questo principio anche alla donazione tipica.